EDITORIA
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La Scuola Holden è diventata tutta di Feltrinelli https://t.co/CUKoyzz2yC
— Il Post (@ilpost) February 9, 2024
?Il #GruppoFeltrinelli acquisisce al 100% la @ScuolaHolden: il polo education, guidato dal vicepresidente del consiglio di amministrazione di Feltrinelli, Giuseppe Morici, si afferma così come terzo asset del Gruppo. #FeltrinelliHoldenhttps://t.co/skIWhNlill
— Giornale della Libreria (@gdl_AIE) February 8, 2024
La Scuola Holden a Feltrinelli «Baricco resta alla presidenza» https://t.co/KpFkPmpuLI
— Corriere della Sera (@Corriere) February 8, 2024
Baricco cede le quote di Scuola Holden a Feltrinelli. Nasce Polo Feltrinelli Holden https://t.co/JworCFjfLi
— Primaonline.it (@Primaonline) February 9, 2024
Feltrinelli sale al 100% di Scuola Holden, Baricco resta presidente e in cda https://t.co/tiQUy4KiDJ
— La Stampa (@LaStampa) February 8, 2024
ACQUISIZIONE HOLDEN-FELTRINELLI
TRA NOSTALGIA E OPPORTUNITÀ
Vi risparmio 55 aforismi sulla fine che è sempre un nuovo inizio e bla bla bla: Feltrinelli che compra la Scuola Holden è un’operazione meramente commerciale. Eppure noi ultimi romantici siamo sempre un po’ malinconici di fronte a queste notizie…
È passata un po’ sottotraccia la notizia apparsa una settimana fa sulle principali testate nazionali, di settore e non, relativa all’acquisto della Scuola Holden da parte di Feltrinelli. Abbiamo aspettato qualche giorno per capire se ci fossero reazioni, commenti, ma niente di rilevante è comparso sul web. Qualche parca riga qua e là ha sancito un passaggio di consegne dal retrogusto vagamente malinconico.
La Scuola Holden è un progetto formativo lanciato nel 1994 da cinque trentenni: Antonella Parigi, Dalia Oggero, Marco San Pietro, Alberto Jona e Alessandro Baricco. Inevitabilmente l’immagine della Scuola si lega fin da subito a quest’ultimo, ricondotta nell’alveo delle mille sperimentazioni lanciate da un autore bulimicamente bisognoso di novità e di divulgazione (come avevo scritto qualche anno fa in questo post). La Scuola Holden si chiama così – dice il loro sito – perché l’idea era quella di fare una scuola da cui Holden Caulfield (il giovane Holden di Salinger, ndr) non sarebbe stato espulso. Se sia vero non possiamo saperlo, ma l’idea è che siamo in molti ad invidiare i 300/350 studenti che ogni anno seguono in presenza le lezioni proposte dalla Holden. Un istituto-non istituto che da trent’anni si presenta nella forma e nella sostanza come la variante italiana di quei campus anglosassoni descritti dal cinema e dalla televisione, dove i ragazzi seguono corsi di scrittura, anziché di letteratura, di storytelling anziché di metodologia astratta. Per intenderci, l’idea è che se Carver avesse insegnato in Italia, avrebbe probabilmente insegnato alla Holden.
Negli anni forse la scuola ha perso un po’ della sua aura in favore dell’ampliamento dell’offerta formativa (oggi declinata anche online, per un ventaglio complessivo di 500 corsi) ma anche – presumiamo – della sua sostenibilità economica e gestionale. Già nel 2012 il gruppo Feltrinelli era entrata nella gestione acquistando il 25,1% delle quote, per poi salire al 51,5% nel febbraio 2019 (per la cronaca, il resto del capitale azionario era diviso tra Eataly, Andrea Guerra e lo stesso Baricco) e infine al 100% pochi giorni fa.
Cosa verrà fuori da questa acquisizione? Beh, gli organi di stampa per ora si concentrano soprattutto sulle novità per Feltrinelli: l’acquisizione della Holden determina la nascita del “terzo polo” per il gruppo della Effe. Affidato alla guida di Giuseppe Morici, vicepresidente di Feltrinelli, il nuovo Polo Education che sarà sviluppato nel corso del 2024 diventerà il terzo asset del gruppo, andando ad affiancarsi al Polo Contenuti (produzione editoriale in senso stretto) e a quello Canali (distribuzione editoriale).
Cosa succederà invece alla Holden non è chiaro, né d’altra parte può esserlo così presto. Il nuovo proprietario lancia un segnale di continuità affidando la presidenza della Scuola a Baricco, che sarà anche membro a vita del consiglio di amministrazione. Tuttavia è lecito immaginare qualche cambiamento strutturale, e ad occhio e croce ci saranno di mezzo le economie di scala, finalizzate ad aumenteranno la platea di destinatari attraverso un’offerta formativa più accessibile (anche geograficamente, chissà). Per ora siamo nel campo delle ipotesi. Quel che è certo è che siamo di fronte al definitivo tramonto della “fase romantica” di quell’esperimento lanciato trent’anni fa da cinque ragazzi visionari. Ma in fondo, probabilmente, il destino di ogni sperimentazione giovanile di successo è quello di diventare affidabile, standardizzata, efficiente e replicabile. In una parola, adulta.