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EDITORIA

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<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Il Drago dalle Sette Teste, dal “Liber Figurarum” di Gioacchino da Fiore. <a href="https://t.co/VbRYvQLJmo">pic.twitter.com/VbRYvQLJmo</a></p>— mauropallido (@MauroPallido) <a href="https://twitter.com/MauroPallido/status/884787722778546177?ref_src=twsrc%5Etfw">11 luglio 2017</a></blockquote><!-- [et_pb_line_break_holder] --><script async src="https://platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">dal “Liber Figurarum” di Gioacchino da Fiore <a href="https://t.co/3IIRIkOIKU">pic.twitter.com/3IIRIkOIKU</a></p>— mauropallido (@MauroPallido) <a href="https://twitter.com/MauroPallido/status/884791420887986176?ref_src=twsrc%5Etfw">11 luglio 2017</a></blockquote><!-- [et_pb_line_break_holder] --><script async src="https://platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore, XII secolo ora conservato a Reggio Emilia, nell Seminario vescovile. <a href="https://t.co/SFgmLzYmQL">pic.twitter.com/SFgmLzYmQL</a></p>— Orbis Tertius (@OrbisTertius3) <a href="https://twitter.com/OrbisTertius3/status/694619261126447104?ref_src=twsrc%5Etfw">2 febbraio 2016</a></blockquote><!-- [et_pb_line_break_holder] --><script async src="https://platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

LIBER FIGURARUM, QUANDO LA TEOLOGIA MEDIEVALE SI FECE IMMAGINE

Non è l’opera più importante di Gioacchino da Fiore ma sicuramente la più suggestiva. Un breve racconto di questa pietra miliare della teologia figurale.

Un libro delle figure, come quelli che colorano i bambini per descrivere il mondo intorno a loro: mamma, papà, casa, albero, sole. Schema consolidato. Solo che mentre i libri dei piccoli artisti in erba finiscono in uno scatolone in attesa che i posteri possano apprezzarli prima di farli finire nel caminetto, quello di cui vogliamo parlarvi oggi è sopravvissuto a circa otto secoli di storia, diventando una pietra miliare della teologia figurale. Ok, come avrete intuito il libro non venne redatto da un bambino, nonostante si intitoli davvero Liber Figurarum (Libro delle Figure). L’opera è infatti la raccolta delle illustrazioni ideate dal calabrese Gioacchino da Fiore, abate benedettino (anche se mai definizione fu più riduttiva) destinato a condizionare con il suo pensiero l’intera civiltà occidentale.

Nato nel 1130 probabilmente a Celico (paesino in provincia di Cosenza) da buona famiglia, Gioacchino da Fiore ha una vita piuttosto inquieta. Incapace di starsene buono buono ad occupare il posto fisso rimediatogli dal padre notaio, il ragazzo cambia occupazione di continuo spostandosi tra Cosenza e Palermo, fino al momento in cui decide di intraprendere la carriera ecclesiastica. O almeno qualcosa che gli somigli: a Gioacchino interessa soprattutto la meditazione, lo studio e la scrittura, per cui continua a girovagare di monastero in monastero fino a quando non lo fanno abate (obtorto collo) di Corazzo, di nuovo in Calabria. Neanche la carica assegnatagli riesce a farlo star fermo. Se ne va a Casamari e poi ancora a Verona e a Fossanova: è solo l’inizio della sua carriera di profetico scrittore itinerante che, protetto dal papa (Lucio III prima e Urbano III poi), lo porterà a dar vita ad opere di eccezionale valore teologico. E se pensate che l’affermazione “eccezionale valore teologico” sia troppo vaga, vi basti sapere che il pensiero di Gioacchino da Fiore avrà un’influenza determinante per l’ordine francescano, per la redazione della Divina Commedia (non per nulla Dante lo piazza in Paradiso), per le scelte di Michelangelo nella disposizione degli episodi della Cappella Sistina e persino per Cristoforo Colombo, che lo citerà a proposito del significato simbolico delle sue scoperte geografiche. Vi basta?

Ora, senza addentrarci troppo in questioni teologiche che poco ci competono, torniamo sul libro da cui siamo partiti. Negli anni immediatamente successivi alla sua morte, avvenuta nel 1202, le illustrazioni sviluppate dall’Abate per la spiegazione delle sue teorie vengono raccolte in un unico testo, il citato Liber Figurarum. Un’opera straordinaria sotto il profilo simbolico e “didattico”: nell’epoca in cui i miniaturisti si limitavano a decorare i capilettera, i collaboratori di Gioacchino da Fiore lavorano sotto la sua direzione per dar vita ad illustrazioni che chiarissero le sue articolate teorie teologiche. Draghi, palmizi, diagrammi, aquile e un intero campionario di figure geometriche e simboliche vengono inventate per spiegare l’apocalisse, il nuovo ordine monastico, la concordanza tra il Nuovo e il Vecchio Testamento e altre tesi destinate ad incidere indelebilmente sul pensiero dell’uomo europeo.
Oggi del libro restano solo 3 copie al mondo: la più antica ce l’hanno a Oxford, mentre le altre due copie sono a Dresda e a Reggio Emilia. Quest’ultima, risalente alla metà del XIII sec., è stata scoperta nel 1937 dallo studioso Leone Tondelli e può essere ammirata nell’esposizione permanente allestita presso la Biblioteca del Seminario di Reggio Emilia. Per non essere da meno, tuttavia, l’amministrazione di Celico ha deciso di celebrare l’opera del suo illustre cittadino con tre murales che saranno realizzati nei primi giorni di giugno dalla Crew dei Bro di Cosenza. Ad Alfredo Granata, Tiskio e Doctor M l’onere di rinvigorire la conoscenza dell’arte figurativa e simbolica dell’Abate. Che siamo sicuri apprezzerebbe molto l’idea.

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