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<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr">Ricardo Franco Levi nuovo presidente dell'Associazione italiana editori. «Gli strappi vanno ricuciti» <a href="https://t.co/2HqAyWDBdM">https://t.co/2HqAyWDBdM</a> <a href="https://twitter.com/critaglietti">@critaglietti</a> <a href="https://t.co/xSItJGaRqy">pic.twitter.com/xSItJGaRqy</a></p>— Corriere.it Cultura (@CorriereCultura) <a href="https://twitter.com/CorriereCultura/status/867709955125760000">25 maggio 2017</a></blockquote><!-- [et_pb_line_break_holder] --><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>
<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="it" dir="ltr"><a href="https://twitter.com/hashtag/Editoria?src=hash">#Editoria</a>: sarà Ricardo Franco Levi il candidato alla presidenza dell’Aie. <a href="https://t.co/XS4rADZJRd">https://t.co/XS4rADZJRd</a> <a href="https://t.co/wboXF87XMq">pic.twitter.com/wboXF87XMq</a></p>— Il Libraio (@illibraio) <a href="https://twitter.com/illibraio/status/867968545061093376">26 maggio 2017</a></blockquote><!-- [et_pb_line_break_holder] --><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

L’AIE volta pagina e candida Levi alla presidenza

La sostituzione di Motta con Levi non rappresenta un semplice cambio al vertice: l’AIE cambia rotta.

La sconfitta e l’orgoglio – Sono emblematiche le parole con cui Motta parla dell’innegabile successo del XXX Salone del Libro di Torino. Lui, il fautore dello strappo, l’impersonificazione dell’evento milanese nato in contrapposizione alla fiera delle istituzioni pubbliche, ammette la sconfitta (onorevole, peraltro) ma afferma al Corsera: «È andata come doveva andare, ma il tema è molto semplice: a Torino c’è stata un’unità di intenti del territorio e delle istituzioni, un gettito di denaro pubblico complessivo di 4 milioni di euro, cosa che a Milano non c’è stata. Anche questo bisogna dirlo». Esatto, bisogna dirlo. E bisognava anche rifletterci prima.

Pubblico vs Privato – Tutti lo sapevano: in ballo non c’era il campanilismo fra Torino e Milano. La contrapposizione tra le fiere è stata la lotta fra il papato e l’impero, fra un sistema pubblico fatto di ingranaggi non sempre trasparenti e un settore industriale concentrato su numeri latitanti. Alla fine è finita come è finita: ha vinto il sistema pubblico, e solo fra qualche anno capiremo se è una buona notizia. La gestione del Salone di Torino non ha brillato per virtuosità negli anni passati, è bene tenerlo a mente, e ancora non sappiamo se questo rinnovato Salone targato Bray-Lagioia sia un episodio o l’inizio di un nuovo (necessario) corso. Il settore editoriale ha invece imparato che si possono fare cose buone anche senza imponenti finanziamenti pubblici, ma non andando allo scontro frontale con l’intero sistema pubblico. Lo ha imparato prima di tutti e a sue spese Federico Motta, che giunto a scadenza di mandato ha orgogliosamente (e inutilmente) riproposto la sua candidatura alla presidenza dell’AIE. Con un’implacabile risultato di 29 a 6 il Consiglio Generale si prepara ad affidare a Ricardo Franco Levi la guida dell’Associazione.

Come una partita a rubamazzo – La vittoria del settore pubblico in questa storia è stata talmente schiacciante da arrivare a conquistare il castello avversario. La mancata rielezione di Motta dopo il risultato di Tempo di Libri era piuttosto prevedibile. Non così l’elezione di un uomo politico sostanzialmente estraneo al settore imprenditoriale. Ricardo Franco Levi, classe ’49, ufficialmente giornalista, è prima di tutto un uomo delle istituzioni (e di Prodi): portavoce del primo governo Prodi, nel secondo governo presieduto dall’economista di Scandiano è stato sottosegretario con delega per l’informazione, la comunicazione e l’editoria. È stato il primo firmatario della discussa legge “anti-Amazon” che stabilisce nella misura del 15% il tetto massimo di sconto per i prodotti editoriali. Insomma: se Motta rappresentava la terza generazione di una dinastia editoriale, Levi è l’uomo giusto per ricucire lo strappo. Con Torino? No, prima di tutto con le istituzioni, a cui sembrano tenere davvero tutti. Lo dimostrano le immediate benedizioni di Coddè (Mondadori) e di Carlo Feltrinelli, che sanciscono implicitamente il tramonto di un sistema associativo-editoriale basato sulla netta separazione fra l’interesse pubblico e quello imprenditoriale.
Anche in questo caso scopriremo solo fra qualche anno se si tratta di una buona notizia.

 

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