Seleziona una pagina

EDITORIA

EDITORIA

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"
Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"
Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

IL FOTOLIBRO SI GIOCA A ROMA LA SUA BUONA CHARTA

A Roma la prima edizione di un festival dedicato a photobook e dummy. Un’ottima occasione per scoprire nuovi linguaggi e magari farli diventare un po’ meno di nicchia.

Prima di tutto dobbiamo sfatare un mito: a dispetto di quanto si possa pensare, i libri di fotografia sono tra i testi più difficili in assoluto da comprendere. Forse persino più della Divina Commedia. Ok, è un’affermazione provocatoria, però pensateci: quando sfogliate un libro fatto di parole, nella peggiore delle ipotesi riuscirete a comprendere o a reperire i loro significati su un dizionario (a meno che non stiate sfogliando il Manoscritto Voynich o il Codex Seraphinianus, naturalmente). Ma se percorrete un libro di fotografia, come fate a capire cosa dice? Cosa cercate sul dizionario, in quale unità di senso scomponete l’immagine che avete davanti?

È un tema che abbiamo già toccato a proposito dell’evoluzione di un prodotto editoriale che riteniamo particolarmente interessante: il dummy, un libro fotografico che va ben oltre una ordinata raccolta di immagini. Se torniamo sull’argomento è perché a luglio si terrà a Roma la prima edizione di un festival dedicato proprio ai photobook. Un festival vero, attenzione, con una direzione artistica, una vetrina di alto livello per case editrici indipendenti, un concorso e il sostegno del Ministero della Cultura (Direzione Generale Creatività Contemporanea). Il festival si chiama Charta e avrà lo scopo di esporre, promuovere e premiare i photobook, con particolare riferimento proprio ai dummy, protagonisti di un concorso per inediti che ne premierà uno con la pubblicazione.

Nell’attesa che luglio si palesi, possibilmente sgombrando il campo dalle mille incertezze che attanagliano questa primavera titubante, consigliamo una passeggiata sul sito della manifestazione e su quello della piattaforma Yogurt che il festival l’ha ideato e lo sta realizzando. La passeggiata è avvincente perché i siti sono entrambi molto molto belli e perché il secondo permette di leggere tante sinossi di dummy e libri fotografici. Scorrendoli ci si rende conto del fatto che i testi sono tutti accomunati da obiettivi ambiziosi, rivolti in particolare verso l’introspezione e – concedetemi un termine che probabilmente non esiste – l’esospezione. Gli autori usano le immagini per aiutare le parole a riprodurre ora la complessità dell’animo umano, ora particolari declinazioni del mito, ora certe sfaccettature della contemporaneità. Non a caso il tema della prima edizione di Charta sarà Demons, termine usato per riunire tutte quelle opere nate per

indagare tutte le derivazioni più oscure della condizione umana, dalle problematiche territoriali a quelle sociali o psicologiche. Dando un punto di vista trasversale sulle criticità del contemporaneo. (dal sito di Charta)

Per calare nel concreto queste parole è sufficiente spulciare le proposte di Yogurt. Per esempio Ville de Calais, opera dell’olandese Henk Wildschut, ci sembra un ottimo modo per capire meglio il valore testuale del photobook. Un bel giorno Wildschut, fotografo documentarista, si è accorto che i migranti a Calais (ma anche nei campi profughi in Tunisia, Giordania e Libano) trovano speranza, consolazione e dignità (sic) nel prendersi cura delle piante. E su questa constatazione ci ha costruito un testo che ovviamente è molto più profondo ed empatico delle due righe con cui l’ho riassunto, ma lo sarebbe anche rispetto a qualsiasi altro testo che si fosse preso la briga di raccontare questo particolare atteggiamento soltanto a parole. Non è che i libri fotografici siano meglio o peggio di quelli scritti, sia chiaro. Sono solo più adatti a descrivere quello specifico genere di sfumature troppo analogiche per poter essere codificate attraverso un sistema rigido e convenzionale come l’alfabeto. I libri fotografici sono arrivati alla maturità, insomma, e oggi sembrano pronti a proporsi ad una platea più ampia. A Roma, finalmente, un festival proverà a rompere il ghiaccio.

 

PS: La Treccani sostiene che il termine “esospezione” non esista, ed è un peccato: dovrebbe. Rende l’idea di uno sguardo che percorre il fuori di sé e ne restituisce un’immagine che rinuncia a qualsiasi ambizione di neutralità. Così la pretesa, illusoria oggettività dell’immagine fotografica potrebbe finalmente essere riservata al reportage e allo sguardo che indaga il mondo inseguendo il mito della verità.

Share This

Cliccando su ACCETTO, ci permetti l'utilizzo dei cookie necessari al fuznionamento del sito. Questo sito utilizza Google Analytics a fini statistici, con anonimizzazione degli indirizzi IP. Se vuoi ottenere maggiori informazioni sul significato di quanto riportato, clicca QUI.

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi