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I DUBBI MORALI DEL SALONE DEL LIBRO 2019

Bella gatta da pelare per Nicola Lagioia, alle prese con fascisti, antifascisti e lo spinoso problema del garantismo ideologico…

Si avvicina all’inaugurazione in mezzo alle polemiche il 32° Salone del Libro di Torino. Questa volta non ci sono battibecchi editoriali a scaldare l’atmosfera ma una questione di opportunità scaturita dalla presenza tra gli stand di Altaforte, discussa casa editrice vicina a Casapound che presenterà un libro intervista a Matteo Salvini, anche detto il Ministro degli Interni. Questa la pietra dello scandalo. Il collettivo Wu Ming ha scelto di disertare il Salone e altrettanto faranno lo storico Carlo Ginzburg e il fumettista Zerocalcare. Mentre Christian Raimo, giornalista e insegnante, è arrivato a dare le dimissioni dal Comitato Editoriale del Salone in seguito alla lunga sequela di polemiche sollevate dal suo post di accusa nei confronti di quei giornalisti ed editori colpevoli di essere tra coloro che «sostengono un razzismo esplicito e formano think tank organici con il governo». Diversamente critica la linea adottata dalle scrittrici Michela Murgia, Chiara Valerio e altri, che ha recentemente trovato sintesi nell’hashtag #iovadoatorino. Anche loro hanno espresso contrarietà nei confronti della presenza di Altaforte, ma hanno anche dichiarato la ferma intenzione di andare al Salone, nella convinzione che lasciare campo libero sia ancora più dannoso.

Ufficialmente il Comitato Editoriale del Salone del Libro ha assunto una posizione inclusiva, basata sulla scelta di garantire libertà di espressione a chiunque non sia nella condizione di chiara violazione della legge. Il comunicato stampa spiega come sia «indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per aver propagandato idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, di acquistare uno spazio al Salone». Naturalmente la parola “acquistare” ha ottenuto il solo scopo di irritare ancora di più la fronda critica, che è arrivata ad accusare lo stesso comitato di non volersi assumere una responsabilità politica e morale contro il fascismo. Un’ulteriore precisazione arriva dall’ufficio stampa del Salone: Salvini non interverrà nella manifestazione. Nel bel mezzo della tempesta tiene duro il direttore Nicola Lagioia, che esprime il suo rammarico per l’abbandono di Raimo insieme alla condanna nei confronti di chi sta cercando di strumentalizzare a fini elettorali un Salone del Libro che si terrà a pochi giorni dalle elezioni Europee.

Lo scenario si presenta dunque piuttosto spinoso per tutte le parti in campo, e sembra piuttosto profetico che il tema del 32° Salone del Libro di Torino sia Il gioco del mondo, citazione del capolavoro dello scrittore belgargentino Julio Cortázar. Dal sito del Salone leggiamo: «La cultura non contempla frontiere o linee divisorie, la cultura i confini li salta. Supera divisioni, frantuma muri, balza dall’altra parte.» Già, ma cosa succede quando l’”altra parte” non ci piace affatto? Questo polverone alzato sulla partecipazione di una casa editrice solleva numerosi quesiti che trascendono il caso specifico. Uno tra questi ci sembra particolarmente rilevante: da un punto di vista pratico, funzionale, è davvero ragionevole l’idea che l’ideologia fascista si possa arginare con la coercizione, le liste di proscrizione, la proibizione, la censura? In sostanza: ha senso combattere il fascismo con gli strumenti propri del fascismo? Non si corre il rischio di rafforzare l’incendio che si vorrebbe spegnere?

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