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LIBRI MALEDETTI: SUO MARITO DI LUIGI PIRANDELLO

Sapete “suo” di chi? A pochi giorni dal 150° anniversario della nascita di Grazia Deledda vi proponiamo l’incredibile vicenda letteraria che la vide opporsi a Luigi Pirandello.

Suo marito è il quarto romanzo scritto da Luigi Pirandello ma anche un caso davvero singolare nella storia della letteratura italiana. Un libro maledetto in cui il livello testuale e quello della vita personale dei due autori si intersecano in un nodo estremamente difficile da districare. Tuttavia, se dovessimo riassumere la vicenda con una buona dose di banalità, alla base della stesura di questo libro c’è un autore che rosica (difficile trovare un termine altrettanto efficace), Luigi Pirandello, per la serenità coniugale di una collega, Grazia Deledda.

Nel 1911 i due scrittori isolani per antonomasia, Pirandello e Deledda, sono a buon punto con le rispettive carriere. Il siciliano ha già pubblicato Il fu Mattia Pascal, la sarda ha già realizzato Cenere e L’Edera, due tra i suoi maggiori successi. Entrambi vivono a Roma, dove si sono trasferiti in seguito al matrimonio: Pirandello nel 1894 e Deledda nel 1900. Ma proprio i rispettivi matrimoni diventano il germe della loro frattura.
Pirandello ha preso in sposa Antonietta Portulano, ma la loro relazione è un’estenuante altalena di slanci passionali, drammatiche liti e grandi silenzi. Lei soffre di una forma di paranoia ereditaria che si acuisce in seguito ai problemi finanziari che investono la coppia nel 1903. La relazione matrimoniale di Grazia Deledda è esattamente l’opposto. L’autrice ha sposato nel 1899 Palmiro Madesani, un impiegato mantovano di istanza a Cagliari che lascerà il proprio lavoro per sostenere la carriera della moglie come agente letterario. Accetterà, insomma, di essere il grande uomo dietro la grande donna, anche se per le malelingue del tempo sarà solo il personaggio sbeffeggiato nei salotti intellettuali come Grazio Deleddo. Sebbene Madesani non fosse certo il primo uomo a dedicarsi alla carriera della moglie, la società del tempo non ha granché voglia di accettare la modernità di quella scelta. Quando nel 1905 viene pubblicato Nostalgie, il libro che l’autrice dedica espressamente al marito, il critico Ugo Ojetti ne fa una recensione sprezzante.

Luigi Pirandello, tra coloro che guidano le citate malelingue sul rapporto tra i due coniugi, fa un’operazione sorprendente. Non si limita a sfottere la coppia Deledda/Madesani nei suoi carteggi privati, ma decide di usarla come “fonte di ispirazione” per un’opera letteraria. Chiamala ispirazione. Protagonista di Suo marito è un mediocre impiegato che lascia la propria occupazione dopo essersi innamorato di una giovane, promettente scrittrice di cui diventa agente letterario, salvo poi diventare oggetto di ridicolo per la società e finire così per essere piantato dalla stessa autrice. Avete un vago deja-vu? Ecco, ce l’aveva anche Grazia Deledda. E soprattutto Emilio Treves. Quando l’editore si rifiuta di pubblicare dell’opera, Pirandello la prende malissimo. Scrive al suo amico Ojetti di essere vittima di un complotto:

«Mio caro Ugo, mi capita un bel caso! Mando finalmente al Treves il manoscritto del romanzo ‘Suo marito’ (…). Ed ecco che cosa mi risponde il Treves! Evidentemente la D.dda, la quale ha saputo dell’invio da un giornale di Roma che mi ha “intervistato” è corsa al riparo dal Treves (…). Ti assicuro, mio caro Ugo, che è una persecuzione ingiustissima! Io non ho preso dalla realtà che un semplice spunto, il che è perfettamente legittimo; poi ho lavorato liberamente con la fantasia, ho inventato personaggi azioni e tutto. Non posso, pe’ brutti occhi della signora D. buttar via un’opera d’arte.»

Alla fine Ojetti suggerisce all’amico di proporre l’opera all’editore Quattrini di Firenze, che infatti non esiterà a pubblicarlo, suscitando l’indignazione della Deledda. Incredibile coincidenza tra autore e personaggio: se non conoscessimo tutto il contesto, sarebbe facile pensare all’intera vicenda (inclusa la gelosia dello scrittore) come un’invenzione narrativa di Pirandello. Ma il destino è una ruota che gira e distribuisce le fortune secondo logiche che sfuggono persino ai grandi drammaturghi. Nel 1914 Pirandello confiderà a Ojetti: «Ho la moglie, caro Ugo, da molti anni pazza. E la pazzia di mia moglie sono io». Cinque anni dopo cederà alla pressione dei medici e accetterà di far internare la donna in un manicomio di via Nomentana.

Il Nobel che accomunerà la carriera dei due autori, a una manciata di anni di distanza (nel 1926/27 la Deledda, nel 1934 Pirandello), sarà la sintesi dei rispettivi destini. Accompagnata a Stoccolma dal marito, Grazia Deledda ricorderà nel discorso di ringraziamento le proprie origini sarde, le difficoltà di intraprendere la carriera di scrittrice e il calore del desco famigliare:

«(…) Ma quando iniziai a scrivere, a 13 anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti. Se lo trovi nella poesia una seconda volta, puniscilo ancora. Se fa per la terza volta, lascialo in pace, perché è un poeta. Senza vanità, anche a me è capitato così.
Avevo un irresistibile miraggio del mondo, soprattutto di Roma. E a Roma, dopo il fulgore della giovinezza, costruii una casa mia, dove vivo tranquilla con il mio compagno di vita ad ascoltare le attente parole dei miei figli giovani. (…)»

La Deledda farà il possibile per impedire il conferimento del Nobel a Pirandello, appellandosi persino all’Accademia Reale di Svezia. Non riuscirà nel suo intento. Il ringraziamento di Pirandello sarà tuttavia il discorso di un uomo solo, che si sente giunto all’epilogo della propria esistenza, non solo artistica. Lo scrittore ha 67 anni ed esprimerà una soddisfazione venata di malinconia:

«Per riuscire nelle mie fatiche letterarie ho dovuto frequentare la scuola della vita. (…) L’attenzione costante e la sincerità assoluta con cui ho imparato e meditato questa lezione hanno palesato un’umiltà, un amore e un rispetto della vita indispensabili per assorbire delusioni amare, esperienze dolorose, ferite terribili, e tutti gli errori dell’innocenza che donano profondità e valore alle nostre esistenze. (…) Di fatto, nell’illusione di creare me stesso, ho creato solo quello che sentivo e che riuscivo a credere.»

Quasi la confessione di un personaggio in cerca d’autore. Due anni dopo l’autore riprende il romanzo Suo marito con l’intenzione di fare una riscrittura integrale sotto il titolo Giustino Roncella nato Boggiolo. Nessuno sa con certezza quale fosse la vera motivazione di questa impresa, se davvero Pirandello volesse eliminare dall’opera qualsiasi riferimento palese alla Deledda e al marito e quale fosse la motivazione che lo spingeva a farlo. L’operazione resterà incompiuta: lo scrittore morirà nel dicembre del 1936. Per uno scherzo del caso, appena quattro mesi dopo Grazia Deledda.

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