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Nos esse quasi nanos
gigantium humeris insidentes”

Siamo come nani sulle spalle di giganti

 

La Notte Nazionale del Liceo Classico 2018 a Subiaco

di Andrea Zaccaria e Marta Ciani

Venerdì 12 gennaio 2018, ore 15:30. Un’ondata di circa quaranta bambini eccitati invade la palestra del Braschi-Quarenghi, e nessuno lo aveva previsto.

Certo, preparazione prima ce ne era stata; e tanta. Come dimenticare le giornate passate ad imparare versi in greco e latino: ore intere trascorse a cercare di organizzare il tutto al meglio, scegliendo le frasi migliori dei migliori autori, quelle che volevamo trasmettere. Quelle che ci avevano accompagnato per così tanti mesi, fino a diventare parte di noi. Eppure, perfino nell’organizzare tutta la giornata, nonostante il sudore fisico e i sacrifici, nonostante il dover superare tutta l’ansia e la vergogna – o forse proprio per il dover spingerci oltre le nostre paure, per immergerci anima e corpo in qualcosa che non avremmo mai previsto di dover fare, ma che alla fine ci ha reso diversi e migliori – ci siamo davvero divertiti. Soddisfatti, questa è la parola giusta. Una parola facile da intuire ma difficile da spiegare. Qualcosa che ha a che fare con la sensazione di aver fatto tutto il possibile, tutto il necessario. E di averlo fatto al meglio.

Certo, avevamo cercato di fare le cose in grande stile e ognuno di noi, professori in primis, si augurava una partecipazione numerosa, anche solo per ripagare tutto l’impegno profuso, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un tale risultato, davvero.

Il programma prevede diverse attività e la prima, chiamata il grande gioco dell’Odissea, consiste in una sorta di gioco dell’oca a tema Odissea, il quale, rivolto prevalentemente ai bambini dai dieci ai tredici anni, si articola in una trentina di postazioni disposte lungo tutta la palestra. Ogni casella rappresenta un diverso episodio dell’odissea. I partecipanti, novelli Odissei, tirano il dado e avanzano nel loro turbinoso percorso da Troia fino a casa, fino ad Itaca. Soltanto che, si sa, il ritorno a casa di Odisseo non è mai stato facile. E allora ecco che alcune postazioni, alcune caselle, si animano improvvisamente e diventano trappole e insidie, ostacoli da dover superare a prezzo di una prova. Fisica o intellettiva non importa, ma solo superando questa prova si può andare avanti e arrivare ad Itaca e vincere. E così la palestra, prima tanto grande e vuota, si riempie e le squadre si susseguono incessanti, guidate da pedine in stile, con tanto di toga bianca e pettinatura alla greca.

Finita la premiazione del gioco, salite le scale fino in aula Magna, si dà inizio alle recitationes. Ragazzi di tutto il corso classico si cimentano, come moderni aedi, nella declamazione di passi tratti da diversi autori della classicità: Saffo, Catullo, Omero, Virgilio, Ipponatte. Autori indubbiamente alla base della cultura occidentale. E questo è anche il senso dello slogan che abbiamo scelto: Nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes ovvero tutti noi non siamo altro che microscopici esseri limitati, nani appunto, ma possiamo crescere e arrivare a guardare molto lontano se solo scegliamo di arrampicarci sulle spalle di giganti, cioè sulle spalle di tutti quegli autori che in qualche modo ci formano e ci rendono quelli che siamo. Uomini, appunto. Niente altro che uomini.

Abbiamo cercato di rendere quei passi il più attuali possibili, sebbene già lo fossero di loro, trattandoli con rispetto ma recitandoli come avrebbero fatto davvero gli aedi o i loro autori, cioè accompagnandoli sia con il battito ritmato di un tamburo, sia con danze e il suono di violino.

Alle recitationes, poi, segue un dibattito – che coinvolge studenti e professori ed ex alunni e genitori – a partire da una introduzione su quanto sia sempre attuale il classico, sebbene già le parole “attualità” e “classico” potrebbero sembrare, a una prima impressione, in netta antitesi. In realtà, però, il dibattito mette bene in luce come il classico, e lo studio che consegue alla sua scelta, rappresenti le radici e le ali di ogni uomo in ogni tempo. L’introduzione  si conclude con una piccola perla, un proverbio cinese (Vi sono due cose durevoli che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali) che rimarca sempre sullo stesso tema, ripreso e sviscerato anche dagli interventi successivi.

Non appena il dibattito è sembrato placarsi c’è stata l’interpretazione della canzone The sound of silence eseguita con voce e violino. Sono seguite altre recitationes, questa volta tratte da opere più vicine nel tempo, di letteratura italiana e inglese, in particolare di Petrarca, Manzoni, Leopardi e Whitman e Shakespeare, ovviamente sempre fingendo che siano proprio gli autori a tornare in vita per declamare in mezzo a noi i loro capolavori immortali.

Terminato lo scroscio di applausi a alunni e professori ci siamo spostati fuori per un brindisi di commiato.

A questo punto, però, è opportuno chiedersi che cosa rimanga di una giornata come questa. Ovviamente un bel ricordo, un ringraziamento sincero ai professori che si sono impegnati per rendere tutto questo possibile e la soddisfazione di essere riusciti a tirar fuori un evento così perfino in una realtà piccola come quella di Subiaco, un evento che ci fa sentire partecipi di una realtà molto più grande, addirittura nazionale. Ma non solo. Quella che nasce spontanea è anche una riflessione sulle parole dette, alcune delle quali ci rendono orgogliosi della scelta che abbiamo fatto, rendendoci consapevoli della strada ancora tutta in salita che dobbiamo percorre. Una strada che ci porterà fino ad arrivare ad un punto in cui ci guarderemo indietro e saremo soddisfatti e fieri di tutto il percorso fatto. Ma per adesso, purtroppo o per fortuna, questo punto è ancora così lontano da venire. E il percorso che ci attende nel mondo ancora lungo e bello, tutto da scoprire.

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