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EDITORIA

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THE UMBRIAN JOB
LA TRUFFA EDITORIALE PIÙ SCONCLUSIONATA DELLA STORIA

È bello sapere che ci sono ancora storie di cronaca che non contemplano pandemie, morti ammazzati e disastri. Solo la più originale, sistematica e incomprensibile truffa mai perpetrata ai danni del settore editoriale.

Ero straconvinto di iniziare l’anno presentando i freddi dati sull’andamento del settore editoriale nel 2021, visto che ADEI e AIE stanno gareggiando per fornire informazioni il più rapidamente possibile. Questo finché non ha fatto irruzione sul palcoscenico editoriale una notizia incredibile rimbalzata su numerose testate nazionali e internazionali. Una storia che ho trovato molto più divertente da raccontare. E anche da leggere, spero. In ogni caso sappiate che i dati sciorinati da ADEI e AIE sono ancora troppo parziali per poterne parlare, quindi accettate questo dirottamento.

Scena madre: mercoledì 5 gennaio l’FBI irrompe nell’aeroporto di New York per arrestare un certo Filippo Bernardini, 29 anni, italiano di Amelia (paesotto situato nella ridente provincia di Terni). Accanimento della polizia verso gli umbri? Terrorismo internazionale? Figura di spicco tra i temibili trafficanti di ciauscolo? Niente di tutto questo. Il procuratore distrettuale Damian Williams esprime soddisfazione per la conclusione di un’indagine volta ad assicurare alla giustizia un ladro di libri inediti che per cinque anni ha tormentato le case editrici di tutto il mondo.

Fermi tutti. Cos’è esattamente un ladro di inediti? Come si ruba un libro che ancora non esiste? E cosa te ne fai? Ogni domanda a suo tempo. Carlo Lucarelli insegna che c’è una liturgia da seguire nel racconto di cronaca, e le note biografiche sono un passaggio necessario. Dunque: Filippo Bernardini è un ragazzo di buona famiglia che vive ad Amelia almeno fino alla conclusione dei suoi studi superiori. Lucarelli non me ne vorrà se tralascio l’infinita quantità di dettagli più o meno morbosi sulla sua vita privata reperibili sul web, davvero sorprendente trattandosi di uno che fino a ieri era un illustre sconosciuto. Ci interessa solo sapere che si trasferisce a Milano per laurearsi in Cinese alla Cattolica e poi ancora più a nord, a Londra, dove consegue un master in editoria per poi venire assunto in una casa editrice di fama mondiale. Pare abbia un talento naturale nell’apprendimento delle lingue, e infatti conosce l’inglese, il cinese, lo svedese e il coreano. La sua carriera decolla quando non ha neanche 25 anni e diventa Foreign Rights Coordinator (anche detto “uno che si occupa della compravendita di diritti internazionali per la pubblicazione dei libri”) per Simon & Schuster UK, una delle maggiori case editrici al mondo.

Quindi – secondo l’accusa – almeno dal 2017 il nostro inizia a coltivare un curioso hobby. Si mette a creare false identità digitali (se ne contano oltre 160) che usa per contattare case editrici, scrittori o relativi entourage con l’obiettivo di farsi inviare i testi di libri non ancora pubblicati. La metodologia adottata potete leggerla in dettaglio nel lunghissimo articolo apparso su Vulture, ma sostanzialmente si tratta di una tecnica molto simile al classico phishing basato sull’invio di email da indirizzi pressoché identici a quelli ufficiali. La peculiare raffinatezza del caso risiede nel fatto che l’autore delle email adotta un linguaggio estremamente  accurato, simile a quello usato negli ambienti di lavoro delle case editrici, conquistandosi in moltissimi casi la fiducia dell’interlocutore. Così facendo si porta a casa manoscritti digitali mica da poco: riesce a conquistare inediti di Dan Brown, Margaret Atwood, Jo Nesbø, Ian McEwan e di molti altri nomi celebri. Senza disdegnare tuttavia i furti nei confronti di autori esordienti. Però vi immaginate la faccia dell’editor quando realizzava di aver appena inviato ad un ignoto l’ultimo manoscritto di McEwan?

Infine il vero coup de théâtre di tutta la vicenda: nessuno sa dire che cosa se ne facesse di quei testi. Praticamente l’Arsenio Lupin dell’editoria (sì, lo hanno definito anche così) ha rubato manoscritti per anni senza ottenere assolutamente nulla in cambio. Non ha mai chiesto un riscatto, non ha provato a rivendere i testi, non li ha divulgati né spoilerati nel dark web. Nulla. Gli inquirenti americani sostengono che volesse appropriarsi delle idee altrui per produrre il proprio capolavoro, ma onestamente sembra una mossa piuttosto scema. Che razza di patchwork tiri fuori da un’idea di Dan Brown incrociata con una di Elena Ferrante? Più probabile e suggestiva l’altra ipotesi emersa come movente: mitomania. Il gesto truffaldino come opera creativa a sé stante, insomma.

In ogni caso Filippo Bernardini, dopo essersi comprato la semilibertà pagando i 300mila dollari di cauzione, sostiene fermamente di essere la persona sbagliata. In effetti è plausibile, se hai 160 identità diverse. Il problema è che la persona giusta rischia fino a 20 anni di carcere federale per frode telematica e furto d’identità aggravato. Ma anche l’onore di entrare nella hall of fame dei più originali ladri/truffatori della storia, tra quell’Eric Hebborn che raccontò in un libro di aver seminato opere d’arte fasulle in tutto il mondo (ne parlammo tanto tempo fa) e il Vincenzo Peruggia che cercò di portarsi a casa la Gioconda (recuperate la Monna Lisa di Ivan Graziani, che è un’ottima colonna sonora per questo post). In attesa di un epilogo, inizio a scrivere la sceneggiatura.

 

P.S.: se volete approfondire la figura di Bernardini senza inutili gossip, vi raccomando il bell’articolo di Clara Mazzoleni su Rivista Studio!

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