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EDITORIA

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L’on. Flavia Piccoli Nardelli, prima firmataria della legge, e Ricardo Franco Levi, presidente di AIE

LA LEGGE,
PER CHI NON LEGGE

Alla fine è stata approvata (persino all’unanimità) la Legge per la promozione del libro e della lettura. Tra applausi e perplessità, vediamo che dice.

Ce n’è voluta ma alla fine il risultato da tanti atteso è stato raggiunto: lo scorso 5 febbraio è stata approvata dal Senato la legge a sostegno dell’editoria e della promozione della lettura. I senatori hanno approvato all’unanimità una legge che non ha invece incontrato l’unanime plauso degli addetti ai lavori.

Niente da fare: ad AIE, la principale associazione di categoria degli editori, la modifica del tetto massimo allo sconto dei libri dal 15 al 5% proprio non va giù. E a dirla tutta non si può neanche dare del tutto torto alla posizione assunta dal suo presidente, Ricardo Franco Levi, che continua a ripetere come sia paradossale pensare di promuovere la lettura innalzando il costo dei libri. Anche ADEI – l’altra associazione di categoria degli editori, quella che riunisce i piccoli e gli indipendenti – mentre esprime soddisfazione per l’approvazione della legge, ribadisce che comunque un libro dovrebbe essere acquistato in base al suo contenuto, non al suo prezzo. Ma qui sforiamo nella poesia. Di considerazioni da fare ce ne sono diverse. Prima di tutto colpisce la composizione del fronte degli oppositori al taglio degli sconti, formato pressoché esclusivamente da AIE e Federconsumatori. Ovvero, le più significative (per numeri) rappresentanze dei grandi produttori di libri e della loro platea di acquirenti. Come detto, i due si arroccano su una posizione non del tutto peregrina, che tuttavia rischia di ridurre il contenuto della nuova legge ad un mero tentativo di incidere (ostacolare?) il mercato. È davvero tutto qui? Rispetto agli sconti, è un altro il dato che fa riflettere: la neonata legge impone un vincolo che ha conseguenze su acquirenti, case editrici e colossi della rete vendita (vedi alla voce Amazon, che in Francia ha subito specifiche restrizioni). Tuttavia non sappiamo quanto essa sarà in grado di scalfire l’oligopolio italiano della distribuzione, da molti considerato il vero problema della nostra filiera (ne abbiamo parlato in un recente post). È altrettanto vero che in Italia buona parte della distribuzione coincide con i principali gruppi editoriali, quindi…

Alla fine della fiera, comunque, l’atteggiamento più diffuso sembra quello di una cauta soddisfazione. Un clima da “ok, adesso abbiamo una legge, vediamo come va”: nessuno è infatti in grado di valutare con certezza l’impatto dello sconto al 5% nel rapporto – a tratti dialettico – tra mercato e promozione del libro. I lettori forti italiani compreranno altrettanti libri? Il sistema editoriale troverà altri modi per promuovere la vendita? Le piccole librerie registreranno effettivamente risultati significativamente positivi? Lo scopriremo tra qualche anno, quando magari riusciremo a leggere la questione dati alla mano e lontani dalle posizioni ideologiche che hanno dominato il dibattito in questi ultimi mesi.

Altri spunti di riflessione riguardano gli stanziamenti fissati per gli altri contenuti della Legge. Eh sì, perché di cose la legge ne contiene molte di più che non il solo tetto massimo agli sconti. E anche qui non è tutto rose e fiori. In sintesi:

  • Piano Nazionale per la Promozione della Lettura, adottato ogni tre anni dal Mibact e finanziato con 350mila € l’anno;
  • Incremento del Tax Credit alle librerie. Il credito di imposta viene incrementato fino a 3.250.000 € l’anno;
  • Card cultura. Sulla falsa riga del Reddito di Cittadinanza, i nuclei familiari meno abbienti potranno usufruire di 100€ l’anno per l’acquisto di libri. Rispetto a questa soluzione è stata criticata l’esiguità del fondo (1 milione di euro), in grado di sostenere in media 1 card per ogni comune italiano (si parla di 10mila card). Oggettivamente misero;
  • Capitale Italiana del Libro. Parte già con il 2020 la selezione della prima città che potrà avvalersi di 500mila euro per progetti di promozione della lettura, e che sarà diversa ogni anno. Rispetto a questo capitolo non è chiara la fretta: visti i tempi tecnici di emanazione dei decreti attuativi, e della conseguente nomina, la città scelta avrà a disposizione pochi mesi per trasformare in azioni concrete il finanziamento ottenuto. Appare così meno strano che Cesena e Firenze abbiano già espresso la propria volontà di candidatura. E ancora meno strana la recente presenza del ministro Franceschini nel capoluogo toscano, al fine di individuare la sede in cui istituire il Museo della Lingua Italiana. Magari ci sbagliamo, ma un’idea di quale sarà la prima Capitale italiana del Libro (e forse anche come sarà speso il finanziamento) ce la siamo fatta… Anche se sarebbe davvero bello e significativo che Subiaco, città del primo libro stampato a caratteri mobili in Italia, ottenesse questo titolo, a suggellare la volontà di lavorare in direzione della rinascita dell’editoria italiana.
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